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IL PUNTERUOLO ROSSO - Flagello delle palme




Fig. 1 -
Il famigerato Punteruolo rosso

Introduzione:
Uno dei principali problemi che, in ambito ecologico, gli studiosi riscontrano ai nostri giorni, è il fatto che moltissime specie animali riescano ad ampliare il loro areale di distribuzione apparentemente molto più velocemente che qualche decennio fa. Tali fenomeni avvengono in maniera naturale e sono ampiamente studiati e descritti nella letteratura scientifica. E’ per esempio il caso di numerose specie di pesci e molluschi definite con il termine di lessepsiane (dal nome dell’ingegnere francese De Lesseps) , ideatore e progettista del canale di Suez.
Molte specie di pesci tropicali hanno trovato, complici i mutamenti climatici che hanno fatto innalzare le temperature del mar Mediterraneo, condizioni particolarmente favorevoli ai loro cicli vitali e si sono insediate stabilmente nel nostro mare, vincendo subito la competizione con le specie autoctone, molto più deboli delle specie tropicali, scalzandole e sostituendole. Ma in molti casi e per molte altre specie animali, soprattutto per quelle di allevamento, una parte importante nel processo di diffusione l‘ha svolta l’uomo. La lista di specie esotiche importate volontariamente dall’uomo è infinita: solo per fare qualche esempio eclatante si potrebbero nominare il pesce siluro, che oggi ha praticamente distrutto la fauna ittica autoctona di molti laghi e fiumi del nord Italia; oppure il caso, che riguarda da vicino i granchi rossi di fiume che oggi infestano i canali di bonifica dell’Agro pontino depauperandoli. Oppure ancora il caso delle nutrie, i cosiddetti castorini, importate molti decenni or sono per farne pellicce, oggi elemento onnipresente nei canali pontini.

La storia dell'invasione:
In altri casi l’importazione di animali esotici è stata del tutto involontaria ma non per questo si è rivelata meno dannosa per gli ecosistemi di casa nostra.
E’ questo il caso del Punteruolo rosso Rhynchophorus ferrugineus, un coleottero curculionide che, da qualche anno si è diffuso in Italia procurando enormi danni alle palme ed ad altre numerose arecaceae. Rhynchophorus ferrugineus è originario dell'Asia sudorientale e della Melanesia, dove è responsabile di seri danni alle coltivazioni di Cocos nucifera la comune palma da cocco. Tramite il commercio di palme infette, negli anni ottanta ha raggiunto gli Emirati arabi e successivamente il Medio Oriente e da qui praticamente tutti i paesi del bacino mediterraneo: dapprima l’Egitto (1992), poi la Spagna (1994), quindi la Corsica e la Costa Azzurra in Francia (2006).
La prima segnalazione in Italia è del’ottobre 2004 quando in un vivaio di Pistoia, in Toscana, venne segnalata la presenza di alcune larve sconosciute all’interno di alcune palme della specie Phoenix canariensis che si mostravano chiaramente malate. Già nel mese di novembre si poté assistere allo sfarfallamento di numerosi esemplari dalle pupe raccolte. Da questa prima segnalazione, in breve tempo, il coleottero si diffuse in tutta l’Italia centrale e meridionale a partire dalla Sicilia (2005) e poi Campania, Lazio, Toscana e Liguria.

Le piante ospiti:
La palma da cocco (Cocos nucifera L.) rappresenta la specie su cui il curculionide causa i danni economici più consistenti nel suo areale di diffusione originario. Ma, con la diffusione in altri paesi il coleottero ha mostrato la capacità di attaccare numerose altre piante, quali: Phoenix canariensis, Phoenix dactylifera, Phoenix sylvestris, Washingtonia sp., Livistona decipiens, Areca catechu, Arenga pinnata, Borassus flabellifer, Caryota maxima, Caryota cumingii, Corypha elata, Corypha gebanga, Elaeis guineensis, Metroxylon sagu, Roystonea regia, Sabal umbraculifera, Trachycarpus fortunei, (Wattanapongsiri, 1966).


Decrizione dell’insetto:

Rhynchophorus ferrugineus (fig. 1) appartiene all’ordine Coleoptera ed alla damiglia Curculionidae. L’insetto adulto è abbastanza facilmente identificabile: La colorazione è rosso ruggine, da cui deriva il nome. Le elitre sono striate di nero. Il pronoto è liscio. L’insetto è lungo dai 2 ai 5 cm anche se la media si aggira intorno ai 3,5-4 cm. È largo tra 1 e 1,5 cm. Come tutti i curculionidi il tratto più caratteristico e il lungo rostro, di sezione cilindrica alla base e rastremato in punta, sulla cui parte mediana si innestano le antenne. Il maschio presenta sulla estremità del rostro delle setole erette molto fitte.
Le uova (fig. 2) sono ovali ed allungate di colore variabile dal giallastro, al rosso al marrone.
Le larve (fig. 3) sono apode, cioè prive di piedi, bianche o giallastre con corpo molle arrotondato e con il capo rosso scuro munito di due formidabili chele (fig. 4) con cui triturano le fibre vegetali delle piante parassitate. È proprio lo stadio larvale, della durata di 90 giorni circa, quello che procura i danno mortali alla pianta. È infatti in questo periodo che le larve si nutrono sproporzionatamente scavando gallerie lungo lo stipite ed i carnosi piccioli fogliari della pianta che alla fine si riduce ad una mera dorante poltiglia fibrosa.
 


Fig. 2 - L'uovo deposto dalla femmina


Fig. 3 - Le larve all'interno del tronco della palma


Fig. 4 - Le temibili mascelle della larva

Biologia del coleottero:
Il coleottero si sviluppa come parassita endofita di molte piante, in special modo arecaceae. In genere attacca piante melate ma può infestare anche piante perfettamente sane. I maschi, una volta insediatisi su una palma, producono un ferormone che richiama anche molte femmine, le quali qualche giorno dopo l’accoppiamento, cominciano a deporre le uova in piccole cicatrici o i buchi che scavano cin il robusto rostro nella pianta parassitata (fig. 5).
Una volta depositate le uova, che possono arrivare fino ad alcune centinaia, i piccoli buchi vengo chiusi a protezione. Dopo 2 o 3 giorni le uova si schiudono e le piccole larve neonate cominciano a nutrirsi scavando gallerie e riducendo l’interno della pianta ad una mistura di rosura mescolata ad essudati (fig. 6).
I danni provocati possono essere talmente elevati che la pianta stessa può crollare (fig. 7). Lo stadio larvale, per quanto ancora non sia uniformemente accettato, dura, probabilmente, 96 giorni in media, durante i quali la larva compie 3 o 4 mute.
Una volta matura la larva cessa di nutrirsi e si impupa in un bozzolo (fig. 8) ovale molto resistente, di circa 6-8 cm di lunghezza e 2-3 cm di larghezza, che pone posto all’interno dei tronchi, o più facilmente alla base piccioli fogliari. Da questo dopo un periodo che varia tra i 15 ed i 50 giorni (anche questo è ancora da confermare), si ha lo sfarfallamento dell’insetto adulto.

I danni alle piante:
Come già accennato, il, è in grado di infestare molte specie di palme sia malate che sane. I danni si manifestano, in genere, in precise fasi successive e partono dalla cima per estendersi all’intera chioma. In genere le foglie più giovani, quelle di ultimo getto all’interno della cima della pianta, cominciano a seccare ed a piegarsi. Ad un secondo stadio la chioma si abbassa complessivamente e la pianta sembra come decapitata (fig.9). In seguito le foglie si ripiegano tutte verso il basso e si staccano dal tronco. In quest’ultima fase la palma è completamente seccata e si è ridotta ad un troncone privo di vegetazione (fig. 10).


fig.8 - Il bozzolo in cui la larva si impupa alla fine
dell'accrescimento


fig.10 - Nell'ultimo stadio le foglie si incurvano
verso il basso e cadono

 


Fig. 5 - La larva scava una galleria e si insedia all'internodi essa


Fig. 6 - L'interno della pianta è ridotto ad una poltiglia di rosura


fig.7 - I danni causati portano spesso alla caduta della pianta


fig.10 -
Una pianta apparentemente sana (a sinistra) ed una malata (a destra) che appare come decapitata

 
 
 

Difesa e lotta:
La lotta al Rhynchophorus ferrugineus non è per nulla facile. Questo perché gran parte delle piante infestate si trova in parchi cittadini o in aree a fruizione pubblica, per cui è molto difficoltoso l’uso dei insetticidi e fungicidi consentiti che sono, comunque, potenzialmente molto tossici e quindi nocivi all’uomo. L’azione preventiva, quindi, pare essere quella che dà maggiori garanzie di riuscita. In caso di piante chiaramente parassitate, è raccomandabile l’eradicazione e l’incenerimento del materiale di risulta. Inoltre non si deve procedere a potature o sistemazioni, anche limitate, delle piante sane in aree colpite, perché i tagli produrrebbero aree deboli e di possibile intromissione dell’insetto. In ambienti destinati alla pubblica fruizione, allo stato attuale, sono autorizzati soltanto prodotti fitosanitari a base di pietrine. Le piante sane vanno frequentemente ispezionate, controllandone gli apici vegetativi al fine di individuare precocemente la presenza del punteruolo.

 

© Articolo di Scalia Biagio Alberto - tutti i diritti su testo ed immagni riservati

 

 



 


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